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PERSONALE DI KIKKO - MENESINI GALLERY GENOVA

Testo di Maria Luisa Conserva, EDIZIONI HIGHLIGHTS ARTE 

 

Le anime annusano giù verso Ade

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Una sera ero al telefono con KIKKO, e, tra una cosa e l’altra, mi ha parlato del verbo greco Sozein. Mi aveva chiesto se nella vita avrebbe dovuto essere più aggressivo. Io gli ho risposto che non necessariamente doveva esserlo. Gli ho domandato se mentre dipingeva si sentisse più cattivo e aggressivo. Lui mi ha detto che, no, che non si sente aggressivo, che si sente in un modo che non si può definire, e laddove non riusciva a definire un modo di sentirsi è subentrata il verbo greco Sozein (swqein). Sozein significa salvare.

In greco questo verbo ha una miriade di significati: non vuol dire soltanto scampare un pericolo, ma anche conservarsi nello stato in cui ci si trova, proteggere i propri ricordi, mantenersi in una purezza originaria, liberarsi da un’accusa, fare del bene. L’arte salva? Io credo di sì, nel senso che permette di accedere a sé stessi spogliandosi delle maschere. Il sé stesso di cui parlo qui non è l’IO, ma il vero soggetto, quello in fondo a tutte le stratificazioni identificatorie che ogni individuo si costruisce attorno a modi cipolla.

L’arte salva l’artista in quanto gli permette di dimenticarsi di sé e di farsi attraversare dall’Altro, dagli altri, rinunciando all’IO, ritrovando la purezza originaria, proteggendosi, facendosi del bene…

L’arte salva lo spettatore in quanto gli consente l’ascolto e lo obbliga a smascherarsi per potersi mettere in comunicazione con l’anima salva e dimentica che è quella di chi crea.

Senza questa operazione non ci sarebbe dialogo possibile tra chi crea e chi fruisce.

 

La necessità dell’atto artistico e la spontaneità del risultato che caratterizzano l’arte di KIKKO, permettono di inserire le sue opere nel panorama dell’Outsider Art, il cui tratto distintivo, se uno se ne può trovare, è, a mio parere, la genuinità scevra da sovrastrutture. Colori forti e tratti netti. Figure che emergono dal caos. Segni, occhi, visi, corpi, forse anche parole, che arrivano da un altro mondo, o magari da questo.  Chi lo sa quanti sono i mondi?

La pittura di KIKKO, come lui stesso afferma, è un’esperienza metempsicotica. Una trasmigrazione di anime. È la sua anima che trasmigra nel foglio; sono le anime di Altri, maestri invisibili, che dal foglio trasmigrano in lui. Ancora si tratta di un dialogo.

Heidegger scriveva che “l’arte è la messa in opera della Verità” e quest’affermazione è quanto mai vera se ci accostiamo al lavoro di questo artista. Qual è la Verità di cui ci parlano? È quella per eccellenza, quella della vita e della morte, dell’aldilà, di una connessione tra questi due mondi. Ed è una verità che si svela e si nasconde, dal momento che nessun uomo ha mai dato una risposta al dilemma della morte, nemmeno la filosofia, il cui compito è di indagarlo, senza mai risolverlo, e nemmeno la scienza, che oggi cerca di imperare su ogni aspetto dell’esistere.

Il gusto del segreto, quello di cui ci parla Derrida, si fa qui immenso, se solo pensiamo al processo attraverso il quale nascono le opere di KIKKO: si tratta di un dialogo con l’aldilà in un orizzonte quasi animistico, il cui risultato formale è un segreto che nessuno conoscerà mai. “L’Origine ama nascondersi”, scriveva Eraclito. Si tratta anche di un incantesimo, dell’espressione di un incontro che dura per un lasso di tempo limitato, in uno spazio di libertà e trascendetalità assolute, e nel quale il segno, il colore e le figure enigmatiche che emergono, ne diventano documento necessario, producendo domanda più che dare una risposta.

L’arte, come scriveva Freud, rimane l’unico ambito in cui si conserva “l’onnipotenza dei pensieri” tipica dei popoli primitivi, presso i quali d’altro canto l’arte è nata, un po’ come una magia. Le opere di KIKKO hanno in loro una magia: ci fanno ritornare in una dimensione in cui il mondo non ha bisogno di una scienza su cui fondarsi perché esso è e basta, così come lo si sente internamente, in cui le anime dei morti possono parlare con i vivi e guidarli nel produrre figure. Un mondo a cui si accede senza sceglierlo, che si apre all’improvviso, una luce da cui siamo divisi da delle sbarre, e della quale qui abbiamo una testimonianza, un mondo che rende salvi.

 

Eraclito, in un altro frammento, il preferito di KIKKO, scrive che “Le anime annusano giù verso Ade”, riportandoci ancora all’origine del processo creativo dell’artista: una ricerca dei confini dell’anima, che riconosce un’inclinazione alla morte, al Regno delle Ombre, nel cuore stesso del principio vitale.

Ogni anima è attraversata da questa tensione irriducibile tra la vita e la morte, suscitata dalla propria realtà interiore in relazione con quella esterna. L’arte, ed in particolare l’Outsider Art (sempre intendendo questo termine outsider nella sua accezione più positiva di immediatezza espressiva e libertà da accademismi), riesce a mediare ed alleviare questa tensione, a renderla manifesta, collocandosi non nel dominio delle apparenze esteriori, quanto nel cuore stesso dell’esperienza umana.

C’è un passo di Joyce che mi piace sempre ricordare quando mi si pone la domanda: ma che cos’è l’arte? “Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch'essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima, un'immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere: questo è l'arte.”

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In collaborazione con 

Daria Moldovan, global manager HIGHLIGHTS ARTE

Alessio Menesini, gallerista

 

 

ARTICOLO SU ART TRIBUNEhttp://www.artribune.com/dettaglio/evento/51793/kikko-le-anime-annusano-giu-verso-lade/

 

 

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